giovedì 13 giugno 2013

1.

Ciao a tutti, ho l’onore di cominciare la nostra serie di appuntamenti con un personaggio che ha dato molto alla scena musicale hardcore milanese ed italiana. E’ stato uno dei fondatori dei Sottopressione, è l’attuale cantante dei La Crisi e, da poco tempo, è anche il chitarrista dei Manges. Naturalmente parliamo di Mayo che, dall’alto dei suoi 20 anni di esperienza musicale, si è reso gentilmente disponibile nel rispondere alle mie domande.


Mayo Maggiore è nato a Milano il 25 giugno 1973 e ad oggi è stato:

Cantante  dei Sottopressione dal 1993 al 1996,

Chitarrista dei Mururoa dal 1996 al 1998,

Cantante dei La Crisi dal 2003 a oggi,

Chitarrista dei the Manges dal 2011 a oggi.



Mr.LowProfile: Ciao Mayo. Io uso spesso il paragone band-relazione sentimentale per parlare dei delicati rapporti d’equilibrio basati sul rispetto e la stima reciproca, divisione di spazi ed ego, libertà di comunicazione e soddisfazione personale, che trovo indispensabili in entrambe le situazioni. Detto questo a che età hai avuto la prima “fidanzatina musicale” importante e come vi siete conosciuti?


Mayo: Il primo gruppo nel quale ho cantato si chiamava “the flock” credo fosse il 1990, solo cover dei Ramones, abbiam fatto solo 2 concerti tra cui il classico “concerto di fine anno” della scuola che frequentavo. La band era formata da me alla voce, Diste al basso, Marco Milani alla batteria e Aldo alla chitarra. Io e Diste abitavamo nello stesso quartiere e ci conoscevamo dalle elementari, Marco era il mio miglior amico dei boy-scouts e Aldo credo fosse suo cugino, l’unico che non conoscevo prima che si suonasse assieme. Ad ogni modo penso di poter dire che il primo progetto musicale “serio” sono stati i Sottopressione, nati mentre i Flock ancora esistevano, un paio di anni dopo. C’era sempre Diste al basso, Federico alla chitarra e un altro tizio alla batteria di cui, ti giuro non ricordo il nome… Federico frequentava la stessa scuola che frequentavamo io e Diste, ci siamo conosciuti li, anche il batterista era della nostra scuola, ad ogni modo ha fatto solo un concerto con noi, il primo, poi è subentrato Mauro che ha registrato con noi il primo 7 pollici.
Mr.Lp : Quali sono state le tue prime influenze musicali in quegli anni?
Mayo: Ho sempre ascoltato “quasi tutto”. In quegli anni avevo appena scoperto l’hardcore che ha cambiato parecchio il mio modo di “sentire” e approcciarmi alla musica ma non ho mai smesso di ascoltare AC/DC (solo con Bon Scott alla voce però!), Ramones, Sex Pistols, Dead Kennedys…o magari i Madness! così come il rithm and blues dei Blues Brothers, di Sam & Dave o tutto il rock’n’roll classico, Elvis, Jerry Lee Lewis, Chuck Berry… Tutta roba che mi ha influenzato pesantemente nel modo di concepire la musica e che mi ha dato “le basi”. Poi certo il disco che “ha cambiato tutto” è stato sicuramente la raccolta dei primi singoli dei Minor Threat, da li non ho fatto più ritorno. La scoperta dell’ hardcore americano e in particolare della scena di Whashington DC, Bad Brains, Faith, Void… Ascoltavo tutto l’hardcore statunitense ma la scena “DC” e tutto il catalogo Dischord in quel periodo sono stati cruciali e fondamentali. Ancora oggi certi dischi mi danno le stesse emozioni e la stessa scossa di allora, per me quella è roba inarrivabile. Canzoni come “Big Takeover” dei Bad Brains, “Salad days” dei Minor Threat, “what’s Wrong With Me” dei Faith… son cose fuori dal tempo, energia pura.
Mr.Lp: C’è un luogo nel quale hai provato o provi con un gruppo al quale sei più affezionato? Puoi descrivercelo e raccontarci un particolare aneddoto legato a questo posto?
Mayo: Per tanti anni con i vari gruppi in cui ho suonato abbiamo vagato da una sala prove all’altra della città, ovunque si trovasse posto per suonare… Purtroppo nulla di memorabile anche se certamente ricordo con affetto il “Fox Studio”- dove provavamo quasi sempre coi Sottopressione che non esiste più adesso oppure i primi anni del Jungle Sound quando ancora pareva una cosa spaziale rispetto alle altre sale di Milano. Più recentemente con i La Crisi invece avevamo trovato una saletta in condivisione con un'altra band al “Boomba Sound”, la sala era molto carina seppure spartana, abbastanza spaziosa da tenerci due backlines completi e con un’ottima acustica. Abbiamo scritto tutto il terzo album li dentro, si suonava davvero bene avevamo le nostre chiavi e andavamo più o meno quando volevamo. Unico difetto della sala era la puzza di muffa letale! Per tutto il tempo che abbiamo provato li, ogni volta che tornavo a casa dovevo farmi una doccia e mettere a lavare i vestiti per quanto si impregnavano di odore! Fai conto che se non mi facevo la doccia e andavo a dormire diretto, la sera dopo, quando mi rimettevo a letto, il cuscino puzzava ancora di muffa perchè ci avevo appoggiato la testa con i capelli non lavati! Davvero brutale. Ad ogni modo ce ne siamo andati da più di un anno in un’altra saletta, meno umida per fortuna.
Mr.Lp: L’attività live è forse la prima fonte di promozione e di autofinanziamento per una band. Dopo tanti anni nella scena hardcore nazionale avrai sicuramente assistito ad un inevitabile cambio generazionale nel pubblico dei tuoi concerti. Trovi delle differenze, un modo diverso di vivere la musica stessa, tra coloro che vengono oggi a vedere un tuo concerto e il pubblico degli esordi?
Mayo: Questa è  una domanda che mi fanno spesso nelle interviste dato che sono in giro da più di 20 anni a far lo scemo sui palchi e che non ho mai perso di vista l’andazzo delle cose… Quello che dico sempre è che, probabilmente, la differenza principale sta nel fatto che quando ho cominciato io a suonare punk-hardcore, mentre lo si faceva, chi lo faceva (o chi andava a vedere un concerto) aveva ancora quella sensazione di star facendo qualcosa di “sovversivo”, di andare effettivamente controcorrente rispetto agli standard imposti dal costume, dalla società… adesso è tutto molto più “normale”, il punk, l’hardcore e tutte le sottoculture sono state più o meno accettate, sdoganate e quindi anche ignorate. Faccio fatica oggi a immaginarmi che un 15enne si possa sentire “ribelle” perché ascolta i Green Day  per dire un nome a caso… il rischio che i suoi genitori possano dirgli arrabbiati “cos’è sto casino?” è davvero minimo, piuttosto è facile che si senta rimproverare dalla mamma che han copiato qualche riff dagli Stiff Little Fingers! Infatti la gente che frequenta i concerti adesso e certamente più “normale”, oggi un certo tipo di abbigliamento cosa che una volta era un indicatore importante per individuare un punk e anche di atteggiamento sono più “normali” , più comuni. Non so se riesco a spiegarmi… poi ci sono molte più ragazze di una volta, mediamente anche più carine e che non sono li solo perché le ha obbligate il loro fidanzato… e poi sicuramente si è alzata l’età media del pubblico. L’hardcore è musica per vecchi ormai.
Mr.Lp: Ultimamente c’è stato un aumento esponenziale delle autoproduzioni musicali che ha coinvolto anche nomi di gruppi affermati e di fama internazionale (the Hives, Turbonegro, Black Crowes ecc…). Anche voi, coi La Crisi avete da tempo intrapreso questa strada. Nel vostro caso si tratta di una scelta legata all’evoluzione dell’attuale mercato musicale oppure avete sposato la filosofia D.I.Y. ?
Mayo: Seppure rispettiamo e supportiamo la filosofia D.I.Y. indubbiamente la nostra scelta di autoprodurci è legata all’andamento del mercato musicale. I dischi si vendono ai concerti a meno che non si abbia una distribuzione decente, cosa difficilissima da avere, e quindi per noi non aveva più senso dover ricomprare i nostri dischi dalla nostra etichetta per avere i vinili e i cd disponibili al banchetto e una volta finite le nostre 300 copie, e doverle pagare a prezzo da distributore. Tanto vale stamparsi tutto da soli e pagare tutto a prezzo di costo. Certo lo sbattimento è grosso e son bei soldoni da anticipare… ma il guadagno è decisamente superiore e pure la soddisfazione. Ciò non toglie che se trovassimo un’etichetta seria con tanto di distribuzione “chiamabile tale” noi saremmo felicissimi di farci pubblicare e distribuire.
Mr.Lp: Sempre parlando dei La Crisi, dai tuoi testi trapela un cinismo e un sentimento di non omologazione sociale che lascia intendere che il nome della band non abbia nulla a che fare con l’attuale crisi economica. Un sentimento che troppo spesso nella vita di tutti i giorni non ci è concesso esprimere liberamente senza far storcere il naso e creare diffidenza. Se la mia analisi è corretta, credi che il suonare musica hardcore debba voler dire anche affrontare temi scomodi e tabù difficilmente affrontabili dalla musica mainstream?
Mayo: Dunque… in teoria l’hardcore è per eccellenza il genere che rappresenta L’ “urgenza” di espressione ed è certo più facile che uno senta la necessità di gridare la propria rabbia e la propria frustrazione, accompagnato da musica veloce e violenta, piuttosto che la sua gioia… Ma non credo che si debbano “per forza” affrontare certi temi o mantenere certi toni per fare hardcore anche perché ormai è tutta roba che si trova molto spesso anche nella musica mainstream. Dovrebbe essere una cosa spontanea, l’hardcore è spontaneità prima di tutto, energia, potenza…irruenza! Stare troppo a pensare a cosa dire può essere limitante in certi casi, meglio aprire lo stomaco o il cuore, tirare fuori quello che c’è, riorganizzarlo un attimo per farcelo stare bene sulla musica e via! Poi il fatto che uno dentro abbia certa roba… quello è un altro discorso.
Mr.Lp: Da qualche tempo sei diventato anche il chitarrista dei the Manges; com’è nata questa collaborazione?
Mayo: Allora… nel 2000 abitavo a Londra ed ero già molto amico con Ricky, anche lui abitava lì in quel periodo, ad un certo punto Mass è venuto a vivere a Londra con Ricky , loro si conoscono da quando erano piccoli, lui me lo ha fatto conoscere e ci siam subito piaciuti. Qualche anno dopo rientrato in Italia ho iniziato a lavorare con i Manges come tour manager, Ricky è diventato il loro chitarrista e io ho iniziato ad essere il loro roady, merch-guy fisso a tutti i concerti e tours. I Manges sono diventati i miei migliori amici, praticamente dei fratelli. Ho cantato un pezzo nel loro album “Go Down” e visto che ero sempre presente ai loro concerti hanno iniziato a chiamarmi sul palco a cantare il mio pezzo che è diventato uno standard dei loro live. Un anno e mezzo fa Ricky ha deciso di smettere con la musica e loro mi han chiesto di sostituirlo alla chitarra. Certamente mi manca tantissimo Ricky ma non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di suonare coi miei migliori amici nel mio gruppo punkrock preferito!
Mr.Lp: Che differenza trovi, se ce ne sono, tra l’ambiente musicale legato alla scena hardcore e quello più scanzonato del punk rock ramonesiano?
Mayo: Sicuramente la cosa che mi ha colpito di più è che mi sembra che i fan del punkrock siano più “fedeli” al genere e alle bands che seguono, ci tengono a essere presenti a tutti i concerti, a supportare e soprattutto a divertirsi. È pure vero che ho la fortuna di suonare nei Manges che sono una band “storica”, quest’anno (il 2013) compiono 20 anni di attività, godono di una credibilità nettamente superiore alla media quindi la mia visione può anche essere condizionata un po’ da quello… i fan dell’hardcore ultimamente sono molto più volubili, alla ricerca e all’inseguimento della “band del momento”, è come se si stufassero più alla svelta dei gruppi… ma anche questo discorso è da mettere in parallelo al fatto che la vita media di una band hardcore è di solito abbastanza breve… Infatti noi, La Crisi, con 10 anni di storia alle spalle siamo sicuramente tra le poche eccezioni e temo anche che la gente si sia un po’ rotta le palle di noi.
Mr.Lp: Ti sei trovato più volte sia con i La Crisi che con i the Manges a suonare all’estero, hai trovato delle differenze con l’Italia? E più in generale, quali sono secondo te i pregi e i difetti nel fare musica di questo tipo nel nostro paese?
Mayo: Intanto, anche qua, bisogna tenere conto del fatto che i Manges hanno una fan base solida e numerosa in ogni angolo del globo e in aggiunta a questo c’è da considerare che i tours fatti con loro erano sempre anche con altre bands conosciute, quindi l’affluenza di pubblico è sicuramente maggiore rispetto a quella di una band sconosciuta all’estero come possono essere i La Crisi, ad esempio, che quando sono stati in America hanno viaggiato con altre bands sconosciute quanto loro… ad ogni modo a prescindere da quanta gente venga al tuo concerto, all’estero, e nello specifico mi riferisco agli Stati Uniti dove ho suonato più spesso, c’è mediamente una cultura musicale più radicata ed è difficile avere problemi tecnici nei locali dove si suona, tipo: difficilmente un fonico ti fa dei brutti suoni o ti dice di tenere basso il volume, difficilmente un proprietario di un locale ti considera solo uno che fa casino al quale ha fatto il favore di farlo suonare… La gente è più attenta e tiene molto in considerazione che arrivi da lontano, che sei in tour e quindi ti supporta comprando il merchandise senza chiederti sconti! Nel caso dei La Crisi, poi, erano tutti gasatissimi che io cantassi in italiano, ho ricevuto un sacco di complimenti riguardo al senso di “autenticità” che veniva recepito dal fatto che usassi la mia lingua madre… in Italia ancora c’è gente che solo per questo è capace di snobbarti. Poi in generale si riesce a suonare più facilmente, in situazioni anche impensabili nel nostro paese, prendi ad esempio i frequenti “basement shows” ovvero concerti fatti nelle cantine delle case di chi organizza la serata, che poi sono i concerti più divertenti! Posti minuscoli colmi di gente che si diverte e soprattutto “partecipa” al concerto. Chi ospita questi basement shows generalmente non ha problemi col fatto che dei perfetti sconosciuti gli girino per casa mentre in cantina c’è un concerto hardcore… io andrei fuori di testa all’idea che mentre sono in cantina qualcuno, che magari manco conosco, mi possa frugare nel frigorifero ad esempio… La gente entra, paga l’ingresso suggerito, a volte di più a volte di meno, che spesso viene lasciato senza che nessuno lo chieda in un vaso all’ingresso e poi si gode il concerto. C’è un forte senso di rispetto. Poi certo, come qua da noi, se non sei nessuno non ti caga nessuno, se sei famoso o il gruppo “hype” del momento ci son folle che si picchiano…però mi pare che sia più facile riuscire a suonare, come se fosse una cosa più “normale” che da noi.
Mr.Lp: Cosa ti spinge a continuare?
Mayo: Io sono ancora fortemente innamorato della musica, è ancora “quella cosa importante”, è ancora uno grossa soddisfazione ascoltarla, crearla e suonarla dal vivo. Faccio davvero fatica a pensare al giorno che non potrò più farlo, mi viene l’ansia! La musica mi ha salvato e al tempo stesso “rovinato” la vita… finchè avrò forza e fino a quando non mi renderò conto di essere diventato ridicolo nel persistere a suonare andrò avanti a farlo, finchè ne vale la pena. E per ora per me ne vale ancora parecchia.
Mr.Lp: Una domanda con la quale ho deciso che chiuderò tutte le interviste di questo blog, non me ne avere… come ti vedi a 60 anni?
Mi vedo ancora andare ai concerti dei gruppi che mi piacciono, comprare i loro vinili e scaricare musica nuova, molto probabilmente non sarò più in giro a gridare o a suonare la chitarra ma non credo proprio che smetterò di seguire la musica che amo e se qualcuno me lo permetterà, avrò sicuramente piacere a collaborare musicalmente con altra gente mettendoci i miei “due cents”. Fisicamente sarò un relitto intossicato dagli antidolorifici e il mio cinismo e la mia frustrazione saranno incontenibili, l’antipatia che la gente ha per me sarà diventata odio puro e forse solo i Manges mi potranno sopportare ancora… forse! Un vecchio rompicoglioni insomma…



LA CRISI: http://www.lacrisi.com/      Discografia:  http://lacrisi.bandcamp.com/
THE MANGES: http://www.manges.it/



martedì 4 giugno 2013

Di che cosa si parla nel blog??

“30 anni e non sentirci” nasce dalla volontà di dar voce e raccontare una generazione tra i 30 e i 40 e di parlare di chi, come me , è cresciuto con la passione per quella musica, italiana ed estera, un po’ al di fuori dei circuiti convenzionali.
La mia non vuole essere né un’ operazione nostalgica né un’analisi dei nostri tempi, tantomeno ha la pretesa di voler sciorinare una critica sulla situazione musicale attuale.
Attraverso una serie di interviste ad alcuni musicisti, mi piacerebbe riuscire a fare emergere la storia, i retroscena, la passione, le gioie e le delusioni che li hanno spinti a fare della musica qualche cosa di più elevato del semplice intrattenimento, quasi una ragione di vita, un’esigenza imprescindibile ed uno sfogo comunicativo, sacrificando, talvolta, quello che per la società comune è considerato prioritario.
Cosa ci spinga a perseverare nonostante i km di strada consumati, le ore di sonno perse e gli sguardi minacciosi dei vicini di casa che ci hanno sentito scaricar gli strumenti alle 4 di notte.
Una generazione abituata a comperare i dischi, a copiare musicassete dagli amici e a fare i conti in lire. Ragazzi che conoscevano nuovi gruppi grazie al confronto con persone in carne ed ossa con le quali ci si scambiava opinioni oltre che i dischi; prima di napster, prima di i-tunes e dell’avvento dei social networks.
Gente che andava in edicola a comperare riviste che parlavano di musica o leggevano fanzine stampate artigianalmente su carta, prima della crisi dell’editoria e prima ancora delle webzine.
Parleremo con persone che in adolescenza hanno sacrificato per la propria passione la paghetta settimanale, il proprio sudore, l’abbronzatura estiva, il proprio udito e forse anche qualche neurone.
Gente che al limonare con la più carina della scuola, anteponeva la goduria adrenalinica di un momento, la distorsione secca di una chitarra e si emozionava sentendo nel petto il pulsare ritmico di una batteria in una stanza senza finestre.
Ma soprattutto vorrei poter capire insieme a voi che cosa ci spinga, da adulti oramai catapultati inevitabilmente e contro voglia in una realtà fatta di conti da pagare, rate mensili, fidanzate o mogli esigenti, crisi economica galoppante e ricerca continua di un equilibrio sociale, a portare avanti quell’insana passione per sudore, adrenalina e quel lieve e persistente fischiare alle orecchie che ci ha resi le persone che siamo oggi.
Parleremo con chi, come me, è in caduta libera verso i 40 e che, al posto di fare jogging per buttare giù la panza, preferisce sudare agitando il dito e cantando a squarciagola; che invece di fare la fila con uno spritz in mano per un’insalata di riso si accalca in coda per potere, almeno per una notte, sentirsi viva, sentirsi nuovamente adolescente, sentirsi se stessa.

Questo blog insomma vuole semplicemente raccontare con modestia e senza presunzione alcune storie di persone che hanno voluto provare a passare dall’altra parte della barricata e, da fruitori di musica, hanno sentito l’esigenza di creare qualche cosa di personale e rendere in parte onore a chi, a modo suo, ha contribuito nel bene o nel male al proliferare dell’attuale scena musicale indipendente del nostro paese.

 _Mr.LowProfile